Nuovo Dpcm gennaio: stop all'asporto dopo le 18 per i bar e spostamenti fra regioni vietati fino al 15 febbraio. Fipe: operatori al collasso

15/01/2021

Quasi tutta Italia in zona arancione e divieto di spostarsi tra le regioni fino al 15 febbraio: il premier Giuseppe Conte ha firmato il nuovo Dpcm che entrerà in vigore sabato 16 gennaio fino al 5 marzo.

Il governo ha confermato il divieto della vendita da asporto per i bar dalle 18 - nello specifico lo stop coinvolge le attività identificate dai codici Ateco 56.3 (bar e altri esercizi simili senza cucina) e 47.25 (commercio al dettaglio di bevande in esercizi specializzati) - un provvedimento fortemente criticato dalle Regioni: "non porta vantaggi significativi sul piano della prevenzione e al contrario rischia di rappresentare un ulteriore fattore negativo di tensione sociale ed economica sui territori", ha detto il presidente della Conferenza Stato Regioni, Stefano Bonaccini, a nome di tutti i governatori.

Nessun passo indietro con il rinnovo di tutte le misure già in vigore a partire dal coprifuoco dalle 22 alle 5, scuole superiori in didattica a distanza al 50% da lunedì e inasprimento delle soglie per accedere alle zone con restrizioni, introdotte con il decreto approvato mercoledì: con Rt 1 o con un livello di rischio 'alto' o, ancora, con un'incidenza di 50 casi ogni 100mila abitanti e un rischio moderato, si va in arancione, con Rt a 1,25 in rosso. 

Tutti gli indicatori sono peggiorati nella settimana che si sta per concludere. E in base all'ultimo monitoraggio, con le modifiche introdotte dal decreto, solo 6 regioni rimarrebbero gialle: Abruzzo, Basilicata, Campania, Sardegna, Toscana e Valle d'Aosta. Tutte le altre rischiano l'arancione, Veneto compreso, con la Lombardia e la Sicilia molto probabilmente in zona rossa.

Qualche modifica rispetto alle bozze il governo però l'ha fatta. Il divieto di spostamento tra le regioni, comprese quelle gialle, sarà in vigore fino al 15 febbraio e non più al 5 marzo. Fino a quella data sarà invece valida la regola che consente una sola volta al giorno ad un massimo di due persone (oltre ai minori di 14 anni conviventi) di andare a trovare parenti o amici nella regione, se questa è in zona gialla, o nel comune se è in zona arancione o rossa. E sempre fino al 5 marzo sarà possibile spostarsi nelle regioni arancioni dai Comuni con una popolazione non superiore ai 5mila abitanti, per una distanza non superiore ai 30 chilometri e mai verso i capoluoghi di provincia.

Con il decreto viene infine introdotta la 'zona bianca', in cui le uniche restrizioni sono il distanziamento e l'uso della mascherina. Ma i parametri per entrarci - 3 settimane consecutive di incidenza di 50 casi ogni 100mila abitanti e un rischio basso - fanno sì che ci vorranno mesi prima che una regione possa trovarcisi.

La reazione di Fipe (pubblici esercizi): operatori al collasso

“L’ennesima restrizione che grava sugli operatori della ristorazione e che non ha alcuna efficacia ai fini del contenimento dell’epidemia. Ristoranti e bar sono chiusi da due mesi e i numeri dei contagi sono in crescita, a dimostrazione del fatto che non siamo noi i responsabili della diffusione del virus. Semmai siamo una categoria su cui si è concentrato l’accanimento del Governo con continue e  progressive limitazioni che si sono rivelate inutili”. 

E’ questo il commento di Giampietro Ferri, presidente di Fipe-Confcommercio Mantova al divieto della vendita da asporto per i bar dalle 18 in poi che nello specifico coinvolge le attività identificate dai codici Ateco 56.3 (bar e altri esercizi simili senza cucina) e 47.25 (commercio al dettaglio di bevande in esercizi specializzati).

“Questo provvedimento colpisce duramente la nostra categoria – dichiara un amareggiato Mattia Pedrazzoli, alla guida di Fipe Bar – con lo stop all’asporto, per i bar la perdita del fatturato, a dicembre già in calo di oltre il 70% rispetto allo stesso mese del 2019, si ridurrà di un ulteriore 50%. Molte imprese sono a  rischio chiusura: da un lato ci impediscono di lavorare e dall’altro i ristori non arrivano, e se lo fanno, si tratta di importi veramente irrisori rispetto alle mostruose perdite che registriamo. Il comparto è veramente al collasso, mettendo a rischio il modello del pubblico esercizio italiano, diffuso e qualificato. In aggiunta, questo ‘accanimento normativo’ crea confusione, ha scarsa efficacia sanitaria e impedisce qualsiasi programmazione sul futuro delle imprese, alimentando, oltre ai danni economici, preoccupazione, disagi, disperazione, che hanno effetti anche sulla coesione sociale del Paese".
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