Lettera aperta del presidente di FedermodaItalia Borghi

17/04/2012

Lettera aperta del presidente di FedermodaItalia Borghi

Il Presidente di FederModaItalia Renato Borghi

“Cari Presidenti, cari colleghi, l’indagine di aprile sul sentiment e le tendenze agli acquisti nel settore moda commissionata da Federazione Moda Italia ad AstraRicerche evidenzia un continuo peggioramento della situazione del Paese, con un incremento degli insoddisfatti della propria condizione socio-economica che ha battuto ogni record dall’inizio degli anni ’80, raggiungendo il 69,1%. E il sentiment, il clima di fiducia degli italiani, non è da meno, dato che i pessimisti aumentano sensibilmente rispetto allo scorso mese di marzo (+6,3%), assestandosi al 62,2%. Cruciali – ci dice la ricerca – sono stati tre fattori: le preoccupazioni collettive circa la modifica dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori; il diffondersi della convinzione circa l’inefficacia dei provvedimenti governativi per rilanciare la crescita e l’occupazione; l’attesa di un rinnovato incremento della pressione fiscale e dell’inflazione. In generale, il mancato passaggio dal SalvaItalia al CrescItalia esplica e continuerà probabilmente a esplicare i suoi effetti anche nei mesi a venire. Con queste premesse, non possiamo proseguire l’attività di confronto istituzionale con quel senso di responsabilità che ci ha portato ad accogliere alcuni “amari” provvedimenti con patriottico spirito di sacrificio. A maggior ragione sapendo che, nel 2011, in Italia sono cessate 11.773 imprese del dettaglio moda, a fronte di sole 6.760 nuove imprese, con un saldo negativo di 5.013 aziende. Ed i primi mesi del 2012 non sono di certo promettenti e incomincia a preoccuparmi seriamente anche il futuro degli oltre 400 mila addetti occupati nelle 141 mila imprese del dettaglio moda. L’ultima versione della riforma del lavoro contiene modifiche peggiorative, non solo sull’articolo 18 – per cui si corre il rischio di veder crescere il contenzioso con la flessibilità in uscita – ma anche sulla flessibilità in entrata. I nostri settori hanno necessità fisiologiche di flessibilità che non possono essere soddisfatte dal solo contratto a tempo indeterminato. L’incremento dell’occupazione avverrà attraverso provvedimenti per la crescita e non tanto con leggi sul lavoro, il cui costo, in Italia, è tra i più alti al mondo. I nuovi aumenti di costo e le rigidità sui contratti di lavoro rischiano di aggravare ulteriormente la situazione resa già difficile dalle scelte operate dal Governo tecnico. Mi riferisco, in particolare, all’aumento dell’Iva che – salvo piacevoli ma poco credibili sorprese – passerà ad ottobre dal 21 al 23% e dal 10 al 12%; all’addizionale IRPEF, che – tra aumenti e conguagli per la retroattività – sottrarrà inevitabilmente reddito ai lavoratori; alla nuova IMU per abitazioni e negozi, che potrebbe anche triplicare le vecchie aliquote ICI, prevedendo inopportune scadenze a giugno e dicembre, quando gli imprenditori pagano tredicesima e quattordicesima ai loro dipendenti e rischiando di penalizzare ulteriormente i consumi nel periodo degli acquisti estivi e, soprattutto, natalizi; alle liberalizzazioni che sembrano aver inciso sulle sole aperture domenicali delle attività commerciali, con l’evidente effetto di spostare i consumi dalla piccola alla grande distribuzione; fino alla “paccata” di agevolazioni concesse alle banche, dall’obbligo di apertura di nuovi conti correnti per gli anziani all’aumento degli introiti per l’introduzione del limite del contante a 1.000 euro. Quelle stesse banche che, come evidenziano i mass media a livello internazionale, senza subire particolari controlli, investono il denaro prestato dalla BCE ad un tasso dell’1% in obbligazioni varie, speculando sul differenziale rispetto al 4% netto che garantisce oggi il BTP decennale. Quelle stesse banche che, per converso, negano il credito alle famiglie ed alle nostre imprese spesso assistite da garanzie dei Confidi fino al 70% ed alimentano il credit crunch. Tutto questo senza che si intraveda una chiara politica di vera crescita per l’Italia e di rilancio dei consumi, senza una concreta azione per l’avvio della riforma fiscale, per contrastare e colpire i grandi evasori ed elusori, tagliare gli sprechi della Pubblica Amministrazione e per un serio processo di sburocratizzazione. Si comprende perciò il fiorire di iniziative che stanno scaturendo spontaneamente sul territorio come, ad esempio, le prese di posizione sull’IMU del presidente di Confcommercio Trieste, Antonio Paoletti e del direttore della Confcommercio di Pesaro, Amerigo Varotti, la provocazione del Presidente di Confcommercio Perugia, Giorgio Mencaroni, per una grande mobilitazione, fino alla manifestazione a favore delle partite IVA organizzata dal Presidente della Confcommercio Pordenone, Alberto Marchiori. Non suggerisco certo momenti scomposti ed eclatanti di protesta di imprenditori “indignados”, atteggiamenti lontani dalla nostra cultura, ma certamente segnali forti al Governo vanno affidati con determinazione. Con determinazione chiediamo alla politica di agire in fretta per la crescita del nostro Paese, di fare riforme strutturali, colpire gli sprechi, rilanciare i consumi e consentire all’impresa e alle partite Iva di lavorare con serenità. Credo che compostezza e contemporaneamente determinazione siano atteggiamenti anche idonei ad esprimere umanamente la nostra sofferenza ed il nostro “cum patire” ai tanti piccoli imprenditori che non ce l’hanno fatta e che hanno compiuto un gesto estremo. Mi piace pensare che tutti insieme, per loro, rivolgeremo una preghiera”.

Categorie:  Abbigliamento, calzature e pelletteria
Federmoda Mantova

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